Festival ”Corpografie” di Pescara con il Giappone di ”Zatò e Ychì”


Una storia proveniente dal Giappone sarà protagonista, venerdì 9 settembre,al festival CORPOGRAFIE di Pescara attraverso la performance del Balletto di Sardegna con la produzione, Zatò e Ychì, interpretata da Valeria Russo e Lucas Monteiro Delfino. Lo spettacolo è in programma alle ore 21:00 presso lo Spazio Matta.

La storia è ispirata a Zatoychi, Zatò per gli amici, un invincibile spadaccino cieco della tradizione giapponese, a cui in Giappone hanno dedicato numerose serie tv e di recente un  film. La compagnia ha voluto sottolinearne i contenuti ma soprattutto l’ironia che lo permea, cercando di reinventare a proprio modo l’Oriente mitico che lo caratterizza.


“Per noi – hanno dichiarato i coreografi e danzatori – Zatoychi divide in due la sua anima, scindendosi in forma maschile e femminile, e diventa Zato’ & Ychi’, due samurai che si scontrano in tre cruentissimi combattimenti, sostenuti e incalzati nel loro serrato confronto da clangori metallici e dal ritmo profondo delle percussioni.”

Zato’ & Ychì è una performance emozionante e senza respiro ideata da Senio G.B. Dattena, anche autore dei costumi, elemento essenziale della performance, trapuntati con miriadi di campanelli; vere e proprie  sculture sonore che ricordano alcuni felici esperimenti teatrali della Bauhaus. Concepiti con oggetti metallici incorporati che al momento opportuno vengono scossi e percossi, sono infatti i costumi stessi a creare una colonna sonora e a dettare in parte, col loro peso e volume, il movimento dei danzatori. Una condizione che vede i duellanti affrontare non solo la violenza dello scontro, ma anche il peso delle proprie armature sonore; al contrario il terzo combattimento è rarefatto e nudo, dal momento che i samurai indossano degli Hakama, indumenti alle cui pieghe vengono fatti corrispondere i precetti del Bushidō, il codice di condotta morale del guerriero giapponese. 


La performance procede secondo una sorta di sottrazione, la tensione permane tuttavia inalterata e intensa con un oggetto che completa l’armamentario sonoro di questa pièce: un bidone di latta, elemento scenico da percuotere come un tamburo.


Chi siano costoro, e cosa rappresentino, non è dato sapere. Appartengono ad una civiltà umana dimenticata da milioni di anni? sono i superstiti di un futuro postatomico? a riguardo della loro identità siamo liberi di immaginare altro e molto altro ancora. Con certezza, sappiamo soltanto del loro vivere un’incessante metamorfosi e un continuo liberarsi da strutture troppo rigide. Fino alla fine.

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Esperto in relazioni internazionali. Giornalista della European News Agency (Germania), corrispondente da Roma.