La Cina diserta le aste del Tesoro Usa e Trump riapre il negoziato

In poco più di 48 ore, il presidente americano Donald Trump ha abbassato decisamente i toni dello scontro con la Cina sostituendo la minaccia di nuovi dazi con l’apertura a un possibile accordo con Pechino entro la prossima settimana, cogliendo in tal modo di sorpresa la diplomazia internazionale e l’intera comunità finanziaria americana e mondiale. Il messaggio spedito da Pechino sul mercato americano dei Titoli di Stato, però, è stato chiaro e forte. Prima dell’apertura ai negoziati con la Cina fatta ieri a sorpresa da Trump, la Casa Bianca aveva seguito quasi con “terrore” l’esito rovinoso di ben due aste consecutive di Titoli di Stato: quella del 7 maggio (il giorno dopo l’annuncio di nuovi dazi da parte di Trump) quando il Tesoro ha chiuso con un fiasco il collocamento di 38 miliardi di titoli a 3 anni, e quella dell’8 maggio su 27 miliardi di dollari di bond decennali. Entrambe le aste hanno segnato la peggiore perfomance dei T-bond americani degli ultimi anni: il decennale è stato collocato con un rendimento del 2,479% rispetto al previsto 2,46%, mostrando il più elevato rimbalzo in punti base dall’agosto 2016, mentre il bond triennale ha riportato non solo il peggior rapporto Bid-to-cover (2,17 rispetto al 2,55 precedente), ma soprattutto un crollo verticale degli acquisti sul mercato indiretto, dove il Governo cinese è da sempre il più grande acquirente di bond sovrani americani. Non si tratta di tensioni occasionali: dal mercato, in entrambe le aste, era sparita non solo la Cina, ma tutte le autorità finanziarie dei paesi rientranti nella sfera politica della Cina. Basti pensare che i dealer sono stati forzati a detenere il 35,2% delle emissioni, quasi il doppio del 19,6% delle aste di aprile, e il più alto dall’aprile 2018. Se Pechino voleva inviare un avviso agli Stati Uniti sugli effetti finanziari di una guerra commerciale a colpi di dazi e insulti, c’è riuscita molto bene. Donald Trump ha abbassato ieri i toni contro i cinesi usando a pretesto la lettera di Xi Jinping, e anche il mercato ha subito cambiato direzione: la Borsa ha ripreso quota e il rendimento del titolo di riferimento del Tesoro degli Stati Uniti a 10 anni è risceso al 2,460%. Il differenziale di rendimento tra i titoli di stato statunitensi a tre mesi e i bond a 10 anni si è ridotto a 3 punti base, rispetto ai 15 punti base di alcune settimane fa. Lo spread è diventato per la prima volta negativo a fine marzo, scoraggiando gli investitori che lo hanno interpretato come una recessione. Sui mercati, il commento è stato unanime: se la Cina è tornata a comprare T-bond, vuol dire che l’accordo è nell’interesse di Trump.

Carlo Marino

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Esperto in relazioni internazionali. Giornalista della European News Agency (Germania), corrispondente da Roma.